Ormai anche quest’anno alle porte, la Settimana Santa ci introduce alla solennità di Pasqua, vertice e culmine della vita cristiana e della Chiesa intera.
Lo scorso anno, durante il periodo di Quaresima, avevo proposto cinque lettere, scritte e composte pensando a determinate categorie di persone, per lo più coloro con cui abbiamo a che fare nelle nostre realtà paesane e parrocchiali.
Quest’anno azzardo una lettera da portare… ai non praticanti, a coloro, cioè, che da tempo non sono più fisicamente presenti tra i nostri banchi, in chiesa.
Carissimo/a, mi piacerebbe intanto sapere come stai… Non ricevendo la risposta solita “Tutto bene, grazie!” o “come al solito”… No, no, vorrei proprio sedermi e ascoltarti, non accontentandomi delle risposte veloci di cui spesso ci facciamo carico anche nei nostri luoghi di fede.
Ti vorrei dedicare quel tempo che probabilmente non ti è mai stato dedicato, di ascolto, perché magari hai contestato qualche scelta, non ti trovi su alcune posizioni della Chiesa, hai vissuto momenti poco evangelici nella tua formazione e frequentazione degli ambienti parrocchiali, da giovane… O forse hai raggiunto un’età, un vissuto che ti ha talmente stancato, perché fatto di parole (tantissime) e di fatti (pochissimi) che ti ha portato ad a non aver fiducia. Non posso darti torto, o ragione, preferisco solo ascoltare quanto vuoi dirmi, perché, prima di tutto fa bene a me…
Sai, mi piacerebbe che proprio tu che… sei “distante” dalla frequentazione, quest’anno, potessi offrire dei suggerimenti su come vivere la settimana santa.
«Io?», mi dirai… «e come posso io fare una cosa del genere?».
«Semplice», ti rispondo, «perché molte volte è chi è “estraneo” ad avere intuizioni molto più creative e fantasiose di chi, invece, è “solito”, un frequentatore abituale.
Farsi suggerire da chi ha preso strade di distanza da Gesù, dalla Chiesa, come vivere al meglio vicino a Gesù. Sembra utopia d’altri tempi.
O forse è la scelta più importante, in questa Pasqua, accompagnata dall’avvenimento del Sinodo, che invita a porsi in ascolto anche di ciò che non fa parte dell’abituale, del conosciuto.
D’altronde, che cos’è la Pasqua, se non la novità assoluta, di un qualcosa mai accaduto prima?
E non stiamo forse cercando soluzioni ad un momento in cui, ignari del futuro, siamo spesso ancorati a ciò che sempre c’è stato, rendendoci però sempre più conto di continuare ad abitare dentro una casa che sta crollando? E come la possiamo restaurare, guardandola solo da dentro? Ci è indispensabile che ci sia anche chi dà fuori ci dice com’è conciata: i muri esterni, portanti, dall’interno, non possiamo vederli tutti completamente…
Probabilmente questi suggerimenti saranno quelli che potrebbero mettere le basi per una modalità con cui costruire la Chiesa: vuoi mettere scoprire qualcosa di nuovo, magari in un’altra lingua, o un piatto diverso, perché di un’altra cultura… eppure quando si tratta di stare a tavola, o di ammirare la natura e il bene, tale linguaggio è universale?
Ecco, Gesù universale, e perciò… “suggeribile” da chi è un po’ più in là dei soliti noti confini…
don Federico